Storie di salumi e di salumifici parmensi: Giancarlo Chiesi e la “Giambon”

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La storia della ditta Giambon è un esempio di determinazione imprenditoriale e di come, affiancando rispetto della tradizione e idee innovative, si possano raggiungere risultati eccezionali. L’azienda nasce nel 1976 e ha ancora oggi sede a Montecchio Emilia (RE), dove produce macchinari funzionali all’industria alimentare, particolarmente nell’ambito della macellazione e della salumeria. Dietro al successo della Giambon ci sono soprattutto storie di uomini, di idee e di coraggio nel ricercare la novità. Per approfondire questi aspetti i Musei del Cibo hanno intervistato Giancarlo Chiesi, classe 1943 e fondatore della stessa Giambon, che grazie all’ausilio di ingegneri e specialisti del settore è riuscito ad attuare diverse modifiche nella filiera produttiva dei salumifici, migliorando e accelerando i ritmi produttivi senza intaccare la qualità della materia prima impiegata.

Inventiva e innovazione

Fondamentali in questo processo, nelle stesse parole di Chiesi, sono state le esperienze professionali precedenti, utili ad acquisire delle conoscenze e dei principi particolarmente rivoluzionari, riportandoli poi nel mondo del salumificio. Fu in particolare un’esperienza alla ditta Good Year, realtà americana che opera nell’ambito della produzione di pneumatici, ad essere di cruciale importanza in questo senso. Sfruttando il principio di una macchina “smonta-gomme”, usata per stallonare gli pneumatici, Chiesi e il suo staff crearono un’unità di disosso rotante a banco. Questo sistema di presa, applicato su una piattaforma girevole, ridusse gli infortuni sul lavoro, facilitando, per dirla in modo semplice, l’intervento di taglio manuale della carne per gli operatori della fabbrica. Ai tempi non esistevano, sia per la fase della cucitura (parte per cui si utilizza la cosiddetta “graffatrice”) sia per le fasi successive, delle tecnologie che rendessero così agevole l’operazione di incisione dei prosciutti. Proprio la graffatrice, ci racconta Chiesi, è il progetto più longevo ed efficace, l’invenzione di cui lo stesso imprenditore è maggiormente soddisfatto ed orgoglioso. Ideato nel 1976, il brevetto è stato venduto nel 2006, rappresentando un patrimonio aziendale con una carriera trentennale.

Un’altra novità fu quella della “pressa pre-formatrice”. Il principio, spiegato dal signor Chiesi, è quello di fare il prosciutto “alla contadina”, ma con l’ausilio di supporti meccanici. Dopo la disossatura il prosciutto veniva compattato in una forma di stampo che, appunto, lo pressava con un leggero “massaggio”. Le presse in uso fino a quel momento esercitavano una forza molto importante sulla carne e ciò, inevitabilmente, comportava una perdita di aroma e di qualità. Questa tecnologia richiese anni per essere accettata e perfezionata, raggiungendo un’efficacia impareggiabile in quel periodo ed essendo anche oggetto di emulazione. Di fatto, nonostante si trattasse di una produzione industriale a tutti gli effetti, la Giambon fu in grado di mantenere al primo posto l’artigianalità, supportandola semplicemente con delle tecnologie che ne migliorassero le prestazioni senza “bistrattare” la carne. Questo rispetto per il prodotto, com’è ovvio, donava alla carne una forma meno “omogenea”, che presentava protuberanze e imperfezioni. Chiesi ci ha raccontato come questo aspetto, che oggi, nell’era del “bio” e del kilometro zero è invece percepito come garanzia di qualità, non venisse accettato da molti produttori e compratori. I prosciutti della Giambon venivano addirittura definiti “rustici”, in senso velatamente canzonatorio. Ciò che era indiscutibile, aldilà degli aspetti estetici, era la qualità del prodotto finito, che non fu mai oggetto di discussione.

Giancarlo Chiesi e i Musei del Cibo

Al Museo del Prosciutto è esposta la graffatrice che, col relativo “cavo estensibile”, ha contribuito al successo della Giambon, insieme a molte altre applicazioni tecnologiche. L’Albo dei donatori dei Musei, in cui compare anche Giancarlo Chiesi, ha lo scopo di celebrare l’impegno e gli sforzi di quelle figure che, offrendo gratuitamente strumenti, documenti e oggetti di vario genere hanno ulteriormente arricchito il patrimonio storico esposto nelle nostre sale. Non resta che ringraziare nuovamente chi ha unito l’intraprendenza all’amore per il territorio, facendo i successi della propria realtà e dell’intera Food Valley: uno scenario unico in tutta Italia.