Audioguida

Questo servizio è stato realizzato grazie al sostegno di Fondazione Cariparma

L’edificio del Foro Boario di Langhirano, che oggi ospita il Museo del Prosciutto e dei Salumi di Parma, venne costruito nel 1928 a ridosso del Macello Comunale. Nell’ala Est sono dislocate le otto sezioni del percorso espositivo. Nell’ala Nord si trovano invece la sala degustazione, il punto vendita dei prodotti tipici e il centro informativo della Strada del Prosciutto e dei Vini dei Colli di Parma.

Il Parmense è, da sempre, area particolarmente adatta alla produzione dei salumi grazie alle caratteristiche geografiche e climatiche. La presenza di pozzi d’acqua salata ha favorito fin da tempi assai remoti lo sviluppo della lavorazione e conservazione delle carni. Inoltre, le zone pedemontane, situate allo sbocco delle vallate dei torrenti Parma e Baganza e del fiume Taro, sono caratterizzate da una escursione termica più limitata rispetto alle zone di alta montagna o della bassa pianura. Ancora più importante è la moderata umidità relativa dell’aria, favorita dalle brezze provenienti dal mare, che arrivano verso la pianura incanalandosi nelle valli solcate dai corsi d’acqua. Questi ultimi, infine, con il loro letto ghiaioso, assicurano un buon drenaggio dell’umidità, contribuendo così alla creazione del microclima più idoneo per le trasformazioni enzimatiche che avvengono nella carne durante la stagionatura. Del tutto differente è la situazione climatica della pianura vicino al Po, dove le nebbie e l’elevatissima umidità contribuiscono alla buona riuscita della stagionatura dei culatelli e delle spalle.

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La visita inizia con la descrizione dell’evoluzione agricola nel Parmense dall’antichità all’Ottocento. La produzione zootecnica era strettamente connessa allo sviluppo agricolo. Questo territorio fu occupato in successione da popoli tradizionalmente allevatori di maiali: gli Etruschi, i celti Galli e infine i Romani. La fabbricazione dei prosciutti era conosciuta sin da quei tempi e la pianura emiliana, allora ricchissima di acqua e di boschi di querce, era il territorio ideale per i suini. Con l’arrivo dei Romani le carni salate di porco vennero prodotte per i bisogni dell’esercito e per essere inviate nella capitale. Anche i Longobardi (568) e i Franchi (733) assecondarono la vocazione salumiera del Parmense. A partire dal XIII secolo la riduzione delle superfici boschive favorì l’estensione dei pascoli dove erano allevati i bovini da latte. Con il siero, sottoprodotto della lavorazione del Parmigiano Reggiano, venivano alimentati i suini allevati in grandi porcilaie. In questa situazione, alla fine del XIX secolo, la produzione si sviluppò su modelli industriali.

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In Italia, in epoca Romana, era normalmente praticato l’allevamento brado nei boschi ma esisteva anche quello stabulare domestico. Nel leggio presente al centro della sezione 2 sono mostrate varie testimonianze della diffusa presenza del maiale dall’antichità al Medioevo. Nell’area del mediterraneo orientale erano presenti razze appartenenti al ceppo iberico. A Parma si diffuse la razza nera: si trattava di animali dai tratti ancora selvatici e di peso ridotto. Nella seconda metà del XIX secolo vennero introdotte in Italia le razze ‘perfezionate’ inglesi, che riscossero un ottimo successo date le loro caratteristiche produttive. Il Ducato di Parma fu uno dei primi stati italiani ad importare maiali Yorkshire. Successivamente la razza Yorkshire grande (Large White) prese il posto della razza locale nera. Dopo il 1950, infine, grazie allo sviluppo delle conoscenze genetiche, si è giunti all’incrocio fra le razze Large White e Landrance ottenendo un animale con caratteristiche ottimali per la produzione dei prosciutti. Solo in tempi recenti è stata reintrodotta la produzione di salumi ricavati dai maiali di razza nera parmigiana, particolarmente apprezzata per la saporosità delle carni, che si era fortunatamente conservata nella zona di montagna.

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L’utilizzo del sale è uno dei metodi più antichi di conservazione degli alimenti. Per ottenere salumi di buona qualità è necessario disporre di sale. Già in epoca Romana il sale era così importante, che la parola “salario” deriva dal fatto che questo era utilizzato come mezzo di pagamento per i soldati; la via Salaria venne realizzata per trasportarlo e distribuirlo nella penisola, ma divenne ben presto insufficiente. Si crearono quindi numerose saline, in genere in zone costiere, ma anche in alcune particolari zone interne, dove esistevano sorgenti salate naturali. Nel territorio di Parma erano noti da tempi antichissimi i pozzi di Salsomaggiore. Nel Medioevo il commercio del sale conobbe un ulteriore sviluppo: la mappa mostra le vie del sale fino al XVI secolo. Una parte della potenza di Venezia derivava proprio dal traffico del sale. Nel parmense, a partire dal XIII secolo lo sfruttamento dei pozzi di Salsomaggiore venne intensificato e l’ottima qualità del sale ottenuto, bianco e privo di impurità, lo rendeva particolarmente adatto per la produzione di due tipologie di alimenti: formaggi e salumi, prodotti che avrebbero dato fama internazionale a Parma e al suo territorio.

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La carne fresca è costituita da proteine, grassi e acqua. Lasciata all’aria a temperatura ambiente, subisce presto processi chimici di degrado in cui l’acqua gioca un ruolo determinante. Se l’acqua viene eliminata, questi processi divengono impossibili e la carne si conserva per anni. Il metodo più antico per asciugare la carne è proprio quello di cospargerla di sale da cucina, il cloruro di sodio avido di acqua. Le molecole d’acqua della carne in vicinanza dei cristalli di sale vengono impegnate nella reazione di idratazione e la carne più esterna si asciuga in tempi brevi.

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Le varie immagini di norcineria presenti nel pannello murale mostrano l’impiego di vari attrezzi: coltelli, uncini, stadera (la bilancia) che si ritrovano impiegati, senza troppi cambiamenti, fino al XIX secolo. Al centro la grande teca mostra un campionario di antichi oggetti di norcineria, suddivisi in relazione alla sequenza delle diverse fasi della lavorazione. Insieme agli oggetti è esposta una riproduzione: una miniatura del quattrocentesco Theatrum Sanitatis che illustra la coltelleria utilizzata nelle varie operazioni di preparazione delle carni suine, insieme al grande tagliere adibito a banco di lavorazione e alla rastrelliera (forca). Nella teca è visibile una dotazione da norcino ambulante con sporta di foglie di granoturco intrecciate, stiletto, mannaia, coltelli e quindi i vari attrezzi impiegati nelle fasi di macellazione del maiale: dalla cattura (rampone, torcinaso questo utilizzato solo nella zona rivierasca del Po), all’uccisione (stiletti), alla pesatura (stadera), alla spelatura (brocca smaltata, raschietti), alla scottatura e cottura (paiolo di rame appeso sopra la teca), all’estrazione delle unghie (uncino, rampone), alla svenatura (forca), al lavaggio e asciugatura dei budelli (grembiuli rigati), alla squartatura e sezionamento (mannaie, coltelli).

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Proseguendo nella visita si trovano nel corridoio alcuni pannelli che introducono all’attività salumiera nel Parmense dal XVIII al XX secolo. Dato il continuo sviluppo dell’attività di macellazione dei suini nel Medioevo si costituì una corporazione di addetti alla confezione e alla vendita dei salumi e dei grassi detta Arte dei Lardaroli che si staccarono dall’Arte dei beccai ossia i macellai. Le corporazioni esistevano a Parma dal XIII secolo e il primo statuto noto dei Lardaroli risale al 1450. Una mappa evidenzia la presenza, assai diffusa, in città nel XVIII secolo di botteghe di Lardaroli: nel 1800 erano ben 179.

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Questa sezione presenta su pannelli murali le tipologie dei salumi parmensi con le relative immagini fotografiche e, nella teca centrale, l’oggettistica relativa alle specifiche produzioni salumiere. I salumi presentati sono: cicciolata, ciccioli, coppa, Culatello, fiocchetto, gola, lardo, lonzino (o lombetto), mariola, pancetta, Prosciutto di Parma, prete e vescovo, salame (di Felino, gentile, crespone, cresponetto, strolghino), spalla cotta e spalla cruda. Ogni immagine è accompagnata da una scheda descrittiva che illustra le parti del maiale impiegate nello specifico salume e i procedimenti di preparazione e stagionatura.

Tra i salumi più importanti ricordiamo: il Culatello, ricavato dal muscolo della coscia, stagionato almeno dieci mesi, denominazione protetta dal 1996, vanta origini remote ma è citato esplicitamente nei calmieri solo dal XVIII secolo.
Il Prosciutto di Parma, il principale salume italiano è citato per la prima volta nello Statuto dei beccai di Parma del 1309 con il termine baffa (forse dal tedesco backen: asciugare). Il suo successo commerciale giunse relativamente tardi, nel XIX secolo. Nel 1963 nacque il Consorzio del Prosciutto di Parma e il prodotto venne registrato come Denominazione di Origine Protetta nel 1996.
Il Salame Felino, anticamente era il principale salume di Parma: è prodotto tradizionalmente nel paese di Felino con tagli nobili del maiale tritati con sale, pepe, aglio e vino bianco insaccati nel budello retto del suino. Nel 1997 è stata presentata la domanda per il riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta. La Spalla, cotta e cruda, è il salume più antico della provincia, citato in due pergamene dell’8 e 11 febbraio 1170 stilate a San Secondo e a Palasone di Sissa. La spalla di San Secondo godette di grande popolarità nell’Ottocento e Giuseppe Verdi ne era un convinto estimatore. Nel 2004 è stata presentata domanda per il riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta.

Nella teca si osservano alcuni utensili impiegati per la preparazione dei diversi tipi di salumi parmigiani, dagli insaccati interi a quelli macinati ed insaccati. Si notano tra l’altro una mezzaluna tritacarne a tre lame, delle macchine tritacarne-insaccatrici e i tipici grembiuli per gli addetti alle lavorazioni delle carni suine.

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Nel pannello a destra è presentata una selezione di ricette di cucina con i salumi dall’antichità al XX secolo. Le prime indicazioni esaurienti relative all’impiego gastronomico dei salumi ci vengono dai romani; nei loro testi è il prosciutto il prodotto più citato. Il prosciutto ha, infatti, una caratteristica rara: è presente nei ricettari di cucina dal I al XX secolo. Anche le ricette presentate prendono le mosse da Apicio (I secolo d.C.) per giungere fino a Giuseppe Verdi (1872). Un secondo pannello presenta alcune riproduzioni di nature morte del Seicento, veri capolavori di rigore formale, che costituiscono una fonte di prim’ordine per lo studio della storia dei prodotti alimentari del nostro paese. Il terzo pannello presenta una selezione di menu storici con i salumi di Parma. Al centro della sezione una affettatrice Berkel modello 7 del 1929: si tratta di una raro esemplare assemblato in Italia di un modello manuale della famosa fabbrica olandese. In una teca, infine, sono presenti due volumetti di fine Ottocento sull’allevamento del maiale e sulla produzione dei salumi che testimoniano l’accresciuto interesse per i suini ed i loro prodotti nell’Italia del nord in quel periodo.

Sezione 7 – La lavorazione del Prosciutto: evoluzione delle tecniche e dei luoghi

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Al termine del corridoio è possibile osservare sulla sinistra un grande torchio da ciccioli in legno; girando a destra si incontra il primo video, che illustra la produzione del prosciutto nella prima metà del Novecento.

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Gli impianti frigoriferi comparvero nella provincia di Parma solo agli inizi del Novecento e nel 1927 furono installati per la prima volta negli stabilimenti di stagionatura di Langhirano e Collecchio. Questi consentivano il mantenimento artificiale della temperatura compresa fra +1 e +4 all’interno di locali coibentati (le celle) nei quali si conservavano le cosce durante il periodo di salatura e riposo. Si trattò di un evento epocale perché svincolò la produzione dalla stagionalità permettendo agli impianti di lavorare a ciclo continuo. Dall’introduzione degli impianti refrigeranti, la sequenza delle operazioni è rimasta sostanzialmente la medesima, mentre si è notevolmente evoluta la tecnologia, coadiuvando il lavoro manuale con appositi macchinari e con una particolare attenzione all’igiene. All’inizio della sezione si può vedere uno dei primi compressori ad ammoniaca, usati per refrigerare le celle dei salumifici, risalente al 1939.

Le cosce fresche giungono ai vari stabilimenti di stagionatura e subiscono le operazioni di: rifilatura, salatura, riposo, lavaggio e tolettatura, asciugatura, stagionatura e sugnatura, puntatura e bollatura. Ciascuna fase è rappresentata dai pannelli illustrati e dagli utensili relativi.

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La rifilatura: le cosce venivano sagomate con i coltelli nella classica forma, asportando sia la carne sia il grasso e la cotenna in eccesso per favorire il successivo assorbimento del sale.

La salatura e il riposo: le cosce, trascorso un giorno in cella di raffreddamento, erano pronte per ricevere il primo sale dagli operatori che lo spargevano manualmente ed erano collocate nella cella da sale (dove rimanevano per circa una settimana) erano poi liberate dal sale non assorbito, massaggiate, risalate e ricollocate in cella per venti giorni, quindi si liberavano nuovamente dal sale in eccesso, si spazzolavano, si massaggiavano e si riponevano nella cella di riposo per circa un mese. E’ stato ricostruito un tavolo per la salatura manuale con una sagoma in legno di un prosciutto. A fianco si può vedere una macchina degli anni’ Sessanta del Novecento impiegata per massaggiare i prosciutti e spremere la vena Safena.

La toelettatura e il lavaggio: al termine del riposo, nella fase di toelettatura veniva tagliata parte dell’osso con un seghetto e si ripuliva con un coltello la parte attorno alla testa del femore. Il lavaggio, eseguito per togliere impurità o cristalli di sale residui, si effettuava all’aperto. L’acqua scaldata con una caldaia a legna era versata in bigonci, dove i prosciutti venivano lasciati in ammollo e poi energicamente puliti con spazzole di saggina. Negli anni ’60 arrivarono le macchine per lavare i prosciutti, come quella qui presentata.

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L’asciugatura: i prosciutti venivano appesi su apposite giostre costituite da telai di legno e fatti asciugare sulle terrazze o nei cortili. Quando il tempo era umido o piovoso i prosciutti erano asciugati all’interno del salumificio con semplici ventilatori da terra come quello in mostra. Poi venivano trasportati ai locali situati ai piani superiori tramite carrucole a mano.

La stagionatura e la sugnatura: i prosciutti venivano appesi alle scalere, strutture in legno collocate nei locali di stagionatura ai piani superiori, chiamati stanzoni. Erano dotati di finestre, in genere lungo i due lati lunghi, per favorire la circolazione dell’aria e orientate in modo da intercettare i venti dominanti che solitamente soffiavano lungo la direzione della vallata. Le immagini del pannello mostrano l’evoluzione dei salumifici di Langhirano nel tempo, mentre un modellino in legno di un salumificio degli anni ’50-60 del Novecento ne mostra lo schema costruttivo sapientemente organizzato per ottenere la giusta climatizzazione per la stagionatura.

Per evitare l’eccessiva essiccazione, la parte di carne non protetta dalla cotenna, era cosparsa di sugna, un impasto di grasso di maiale macinato, sale, pepe e talvolta farina di riso. Volgendo lo sguardo al soffitto, è possibile osservare uno dei primi sistemi di diffusione forzata dell’aria, con canalizzazioni in legno, che permetteva di garantire la costanza del processo indipendentemente dalle condizioni atmosferiche esterne.

La puntatura, la bollatura e il disosso: la puntatura è l’esame olfattivo per cercare eventuali difetti, in alcuni punti della coscia più critici. Viene effettuata con un apposito ago, ricavato da ossa di cavallo, materiale che ha la caratteristica di assorbire gli aromi e poi disperderli rapidamente. Se supera l’esame, il prosciutto viene marchiato a fuoco con la “corona” del Consorzio che ne certifica la qualità e la tipologia di Prosciutto di Parma. Si noti il supporto in legno a forma di prosciutto utilizzato per la bollatura. Per favorire il taglio sulle affettatrici, il prosciutto può essere disossato e ricucito e per questo si adoperavano gli stampi disposti sul tavolo. Alla fine della sezione un filmato presenta le varie fasi della lavorazione moderna dei prosciutti.

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La sezione conclusiva presenta in due grandi pannelli le notizie più importanti sul Prosciutto di Parma e sulle produzioni agroalimentari parmigiane. Nel primo è illustrata la zona di produzione del Prosciutto di Parma che comprende il territorio posto 5 km a Sud della via Emilia fino ad un’altitudine di 900 metri ed è delimitato ad Est dal fiume Enza e ad Ovest dal torrente Stirone. Il Consorzio del Prosciutto di Parma, nato nel 1963 è un organismo fondamentale per tutelare la qualità del prodotto; con l’emanazione del relativo disciplinare produttivo, il Consorzio ha regolato rigidamente le modalità di lavorazione e le caratteristiche dei suini. Questi ultimi, esclusivamente di razze iscritte al Libro Genealogico Italiano, devono essere nati e allevati nelle 10 regioni del Centro-Nord Italia ed essere alimentati con cibo di qualità (granoturco, orzo, e siero derivato dalla produzione del Parmigiano Reggiano). Il Consorzio si occupa di: gestione e salvaguardia del disciplinare produttivo depositato presso l’Unione Europea, gestione della politica economica del comparto, protezione della denominazione ‘Prosciutto di Parma’, vigilanza sulla corretta osservanza delle disposizioni di legge e regolamenti. Questa attività è svolta da ispettori incaricati che verificano l’attività di allevatori, macellatori, produttori, commercianti ad ogni livello. Il Consorzio si occupa anche di promozione e valorizzazione del prodotto e di assistenza e consulenza alle aziende associate. In ogni momento è possibile rintracciare tutti i livelli della filiera perché ogni Prosciutto di Parma ha una “marcatura” che consente di risalire ai vari passaggi della filiera produttiva a partire dal suino. Tale verifica è compiuta dagli ispettori dell’Istituto Parma Qualità, ente terzo rispetto al Consorzio ed incaricato dal Governo italiano al controllo del rispetto delle prescrizioni, contenute nel disciplinare già citato, da parte della filiera produttiva del Parma.

La visita si conclude degnamente nella Prosciutteria del Museo, dove è possibile degustare il Prosciutto di Parma di varie stagionature e gli altri prodotti tipici del Parmense.

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