La figura del maiale ricorre sovente in moltissime opere artistiche e letterarie e, nel corso del Novecento, la sua rappresentazione allegorica non ha cessato di popolare le pagine e le tele di artisti e scrittori, quasi sempre utilizzando il suino come metafora di squallore, lerciume e mancanza di dignità. Ancora oggi l’epiteto “maiale” è ritenuto un insulto senza mezzi termini. Proprio nella sua veste artistica il maiale trova però una rivalsa da tali pregiudizi, elevandosi dalla concezione negativa che molte culture decidono di affibbiargli. Il maiale non è sempre stato considerato impuro. Nella Roma pagana, ad esempio, era venerato come simbolo di purezza. Ne “La fattoria degli animali” (1945) di George Orwell il maiale torna tuttavia a ricoprire il ruolo di antagonista. In questa novella allegorica, Orwell sceglie il maiale come interprete degli istinti più bassi e sleali, un tiranno da sconfiggere che, non a caso, prende il nome di “Napoleone”. Nelle tele della Pop Art il porco diventa una figura totemica, uno dei tanti simboli utilizzati da artisti come Warhol, Rosenquist e Lichtenstein per veicolare una critica alla società dei consumi.
L’opera
Nella serigrafia di Andy Warhol (1928-1987) compare un maiale di piccola taglia, intento a setacciare i resti di una festa, che pare essersi tenuta all’interno di una discoteca. L’opera è uno dei prodotti più “leggeri” di Warhol, una sorta di tributo ai suoi eccessi nelle discoteche di New York, come il celebre Studio 54. Fu realizzata su commissione del giornale tedesco Die Welt ed è interessante soprattutto dal punto di vista cromatico. Colori accesi e figure geometriche si sovrappongono, con lo scopo di ricreare l’atmosfera festosa e sregolata di una sala da ballo. Il “Pig” di Warhol è il protagonista della tela. Secondo alcuni il suo grufolare tra i festoni e i bicchieri vuoti riflette la vena malinconica di Warhol, come se l’autore volesse comunicare che, dopo una notte di eccessi e divertimenti, i resti della festa e, in un certo senso, di chi vi partecipa vengano lasciati ai maiali, cadendo invariabilmente nel dimenticatoio. L’interpretazione più annoverata è però quella che assegna a “Fiesta Pig 184” il titolo di opera più divertente ed ironica di Andy Warhol, difficile da decifrare forse proprio perché sembra non nascondere significati reconditi e complessi, almeno non al pari di altre tele dell’artista di Pittsburgh. Secondo questa tesi il maiale è un elemento di folclore, simbolo di godimento, altro aspetto simbolico che gli è spesso attribuito, e un semplice personaggio decorativo. Proprio questa assenza di un’interpretazione immediata crea un alone di mistero attorno all’opera, che rimane criptica nella sua apparente semplicità. Di certo la scelta di raffigurare un maiale non è casuale, ma è difficile comprendere se vi siano finalità critiche o se, al contrario, il porco sia un simbolo giocoso, la fotografia di una notte spensierata.