Le signore del cibo: Dea Maia madre del prosciutto

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Maia o Maia Maiestas è l’antica dea della fecondità e del risveglio della natura in primavera, il cui nome deriva da maius, maior che in latino significa maggiore, più grande. Un nome che passa al maiale (Sus maialis) quando questo animale è addomesticato dal suino selvatico, il cinghiale, cresce di dimensioni e soprattutto aumenta la parte posteriore del corpo dalla quale si ottiene il prosciutto. Antichissimo è il legame, quasi materno, di Maia al maiale e a lei ogni 1º maggio era offerta in sacrificio una scrofa gravida, in modo che anche la terra fosse gravida di frutti. A Maia possiamo chiedere notizie sul prosciutto, uno dei più pregiati prodotti del maiale, animale a lei dedicato e da lei preferito e protetto.

Antica e grande Dea Madre, quale è l’origine del nome prosciutto che in Italia ora condivide con altre cosce di maiale salate e stagionate
Chiariamo subito un fatto, spesso dimenticato e fonte anche di equivoci se non fraintendimenti: partendo dalla saggia e antica norma latina, nomina sunt consequentia rerum e cioè che il nome delle cose deve essere appropriato alla loro entità, il che non sempre avviene. Il prosciutto così si chiama perché da una coscia di maiale e dopo la salatura, matura prosciugandosi nel corso di mesi e stagioni in un clima particolare. Con maggiori dettagli la denominazione di prosciutto deriva dalla particella pro che indica un’anteriorità e dal verbo latino exsuctus, participio passato di exsugere (spremere, asciugare, inaridire), ma anche prae-suctus (succhiato) o per-exsuctum, tutte denominazioni che indicano una lavorazione di prosciugamento ottenuto con la salagione in ambiente opportuno e che bloccando lo sviluppo dei batteri consente una maturazione e una conservazione della coscia.

Nome antico, dunque, ma quando nasce il prosciutto?
Probabilmente il prosciutto di maiale ha un suo antenato in qualche gamba di cinghiale ed è una tecnica molto antica, certamente già nota agli Etruschi. La produzione di prosciutti è ben descritta dal romano Marco Porcio Catone il Censore (234-149 a.C.) che descrive la salagione dei prosciutti (pernae) e da Marco Terenzio Varrone (116-27 a.C.). La conservazione delle cosce di maiale tramite salagione è un procedimento assai diffuso nel mondo antico e da Polibio (206-118 a.C.) e da Strabone (63 a.C.-23 d.C.) sappiamo che si producevano cosce di maiale conservate con il sale nella Gallia Cisalpina, in Frigia, Licia, Spagna, Gallia transalpina e territori germanici. Gli antichi romani denominavano queste cosce pernae (gambe), petasones le spalle salate e pernarius il prosciuttaio, confezionatore e mercante di prosciutti.

Il prosciutto ha quindi anche altre denominazioni?
Certamente. Il termine “gamba”, dal greco καμπή che vuol dire curvatura o articolazione, indica la coscia conservata con il sale. Lo troviamo ancora oggi in lingue neolatine quali lo spagnolo Jamon, il francese Jambon e l’inglese ham, derivazione del protogermanico hamma che significa “gambo” e nel tedesco Schinken, che discende dall’antico tedesco dove significa coscia, parte del corpo storta.

Molto chiaro quanto mi ha detto, ma se è possibile ora mi dica perché mentre in altri paesi è rimasto il termine antico, greco o romano derivato da “gamba”, in italiano si è adottato il nuovo termine derivato da “prosciugato” e cioè prosciutto.
Certamente la perna romana come le cosce di maiale salate (Jamon, Jambon, Ham, Schinken) erano cibi popolari e degli eserciti dei Romani, ma già questi conoscono anche prosciutti di qualità. Marco Valerio Marziale (40-104 d.C.) (PERNA – Cerretana mihi fiat vel misa licebit / De Menapis: lauti de petasone vorentXenia, LIV) predilige il prosciutto prodotto nel paese dei Cerretani (Cerreto in Valnerina) e tra gli stranieri quello che arriva dalla terra dei Menapi. Se la coscia di maiale conservata con il sale rimane un cibo prevalentemente se non esclusivamente popolare in tutta Europa, in Italia durante il Basso Medioevo diviene anche un cibo di pregio, oggetto anche di furti e da qui scritture e soprattutto citazioni letterarie in lingua volgare nelle quali compare il nuovo termine, inventato non si sa da chi, ma d’origine latina di presciutto. Il termine è documentato a datare dal Milletrecento, epoca nella quale gli scrittori d’agricoltura parlano in termini specifici delle sue tecniche di trasformazione. Da qui in avanti e fino a oggi, per le sue eccezionali qualità alle quali è arrivato, il prosciutto anche in letteratura assume un significato simbolico. Inoltre rappresentando il cuoco come maestro e signore della cucina, si parla di Mastro Prosciutto. A questo proposito piace ricordare che Luigi XVIII di Francia (1755-1824) era particolarmente orgoglioso della sua capacità di affettare il prosciutto a mano, “a coltello” come si dice oggi, in fette sottilissime.

Prosciutto, quindi da prosciugato, ma perché prosciutti dai diversi nomi?
Come in tante altre cose e alimenti, l’orologio e il vino per esempio, anche il prosciutto è un nome generico che accoglie una grande varietà e soprattutto qualità differenti che si differenziano nel nome. Come abbiamo orologi individuati da una marca abbiamo anche vini di diverse qualità ognuna con un proprio nome anche di origine. Anche i prosciutti sono di diverso valore in base alla loro preparazione, che va dal maiale, al tipo di lavorazione e stagionatura, risentendo in modo determinante dal clima e dall’ambiente. Per questo molti dei prosciutti di pregio, si qualificano dal territorio di nascita e produzione. Inizialmente, per esempio, l’odierno Prosciutto di Parma era noto come Prosciutto di Vianino, poi di Langhirano e oggi di Parma, tutti in un territorio dalle particolari qualità climatiche.

Grazie di queste precisazioni e prima di lasciarla le chiedo cosa ne pensa del Prosciutto cotto.
Nel più o meno lontano passato il prosciutto, coscia di maiale salata e stagionata, quasi sempre era mangiata dopo essere stata dissalata e cotta in acqua, come ancora si fa con altri salumi (spalla cotta, salama ferrarese, cotechino, zampone, …). Questo potrebbe essere un prosciutto cotto. Nulla a che vedere con una coscia di maiale fresca, con o senza osso, che dopo essere stata schiacciata e salata con una salamoia contenente sale, aromi e una bassa dose di conservanti è massaggiata in una zangola, pressata in uno stampo e cotta a vapore. In modo analogo è per le varianti arrosto e affumicate, come il Prosciutto di Praga messo in commercio intorno al 1860 da Antonín Chmel (1850-1893) e oggi il Prazka sunka è una specialità tradizionale garantita. Tutti questi pur ottimi salumi non prosciugati, ma anzi idratati, sono denominati prosciutti facendo riferimento alla parte anatomica usata, la coscia, così denominata per il suo uso migliore e cioè il vero prosciutto crudo e stagionato. Il prosciutto cotto è un ossimoro perché non si dovrebbe chiamare prosciugata una coscia di maiale che è stata invece idratata. Ben accette, come sto vedendo, sono quindi le sempre più frequenti, diverse denominazioni di marca o di fantasia che sono date ai migliori di questi salumi di coscia di maiale idratata e cotta.

Antica e grande Dea Madre, la ringrazio e le chiedo come considera il collegamento tra il suo nome e quello di un animale come il maiale?
Io sono un’antica Dea del fuoco e del calore sessuale e come Dea della natura ho un influsso benevolo di fertilità, nutrimento dei campi, annuncio la primavera, l’arrivo della buona stagione e proprio il primo giorno di questo mese a Roma era celebrata una cerimonia particolare nella quale, per ingraziarsi il mio favore, veniva sacrificato un maialino appena nato. In latino questo animale è definito con il termine sus e il dono sacrificale di questa cerimonia prende il nome di sus maialis. Grazie a lui il mio nome vive per sempre.