Ci sono due scuole di pensiero sull’affettatura del prosciutto: una predilige la tecnica più antica, con taglio a coltello eseguito rigorosamente a mano, l’altra non disdegna la tecnica più comoda e recente, che si serve dell’affettatrice, manuale o elettrica. Due oggetti conservati nel Museo del Prosciutto di Parma ben esemplificano cosa sia necessario per compiere il primo tipo di operazione.
La tecnica manuale
Databili al 1920 circa, sono la coltellina d’acciaio a lama lunga, sottile e flessibile, con manico in legno e ghiera in ottone per il taglio manuale del prosciutto posto in morsa e la relativa morsa da prosciutto, con base in marmo bianco di Carrara, piedini in ottone e corpo in ferro battuto, che era utilizzata per stringere la coscia stagionata e consentire il taglio a mano del prosciutto.
L’affettatura del prosciutto a coltello è un’arte che s’impara da un maestro tagliatore e la sua particolarità si basa sul fatto che l’addetto può di volta in volta offrire al consumatore una parte distinta del prosciutto: decidere se tagliare il gambetto (più dolce), la punta (più saporita), la parte centrale (più equilibrata) oppure servire la più magra, ai clienti attenti alla dieta, o invece ammannire ai gourmet quella col giusto “filo” di grasso. Il taglio a coltello permette dunque all’operatore di personalizzare l’offerta, ciò che nel caso di un prosciutto tagliato con l’affettatrice non si può fare. Inoltre, a detta degli estimatori, la morsa e il coltello da prosciutto, rispetto all’affettatrice, consentono il taglio di fette più profumate, senza che il riscaldamento delle lame alteri l’aroma e il gusto del salume. Va detto che non esiste una tecnica di taglio unica, ovunque valida. Le variabili da considerare sono tante, dalla stagionatura del prosciutto al tipo di morsa, dalla praticità della posizione di taglio fino alle dimensioni della fetta.
I diversi tipi di taglio
Quest’aspetto merita un discorso più ampio. Esistono due tecniche di taglio, quella all’italiana, che esige fette lunghe e sottili e l’iberica, che prescrive tante piccole porzioni che consentono di degustare distintamente le diverse parti del prosciutto e permettono al mastro tagliatore di agire al meglio su tutta la coscia. In epoca rinascimentale, presso le antiche corti è esistita la professione del trinciante che nel contesto dei banchetti solenni si esibiva con gestualità esasperata nel taglio artistico delle carni. Il prosciutto, cotto o crudo, era portato sulle tavole all’inizio del pasto, nel corso del “servizio iniziale di credenza” o antipasto. Tagliarlo era assai complicato e faticoso in quanto la coscia del maiale era sostenuta in aria dal trinciante che, a braccia distese, la brandiva nella mano sinistra con una forchetta di grandi dimensioni. Questa pratica del “trinciare in aria” passò di moda con la fine del Seicento.
L’avvento dell’affettatrice meccanica
Nell’Ottocento nacque la macchina affettatrice manuale, per impulso di Wilhelm van Berkel, giovane macellaio con la passione della meccanica. Con l’idea di costruire uno strumento per accontentare al meglio i propri clienti, offrendo loro carne, insaccati o arrosti dal taglio uniforme e regolare, fondò il 12 ottobre 1898 la sua prima fabbrica a Rotterdam. Realizzò il primo modello, posto su una colonna d’appoggio portante, con una grande lama circolare azionata da un volano da ruotare manualmente. Le affettatrici Berkel vennero prima prodotte in Olanda e in seguito in diverse fabbriche aperte in Danimarca (1905), Svezia, Belgio e Svizzera (1909), Norvegia, Germania e Francia (1911), Austria, Cecoslovacchia e Italia (1924), Spagna e Portogallo (1939). Celebri per la precisione meccanica e le prestazioni, non disgiunte dall’eleganza, ai primi del Novecento conquistarono anche il mercato americano con modelli dal design originale, oggi ricercati dagli appassionati di antiquariato e vintage. Nella sezione dedicata alla gastronomia del Museo del Prosciutto troneggia una Berkel di grande impatto visivo: color rosso amaranto, monumentale sul suo piedistallo, con il carrello orizzontale e la manovella frontale per muovere manualmente la lama circolare e il carrello. È un modello della serie Volano, prodotto dal 1925 al 1928 e montato anche in Italia, negli stabilimenti della Brevetti Van Berkel a Chiavenna e a Milano. Dal primo modello a volano manuale, nel corso del tempo le macchine affettatrici si sono evolute e sono stata perfezionata in varie tipologie: a gravità (con piano inclinato d’appoggio dal quale il salume cade direttamente nel vassoio posto sotto), verticale (con la quale le fette mano a mano tagliate devono essere poste manualmente sul vassoio), automatica (con piano d’appoggio inclinato che permette di affettare in breve tempo grandi quantità di carne e salumi), fino alla realizzazione di quelle elettriche. I modelli elettrici hanno reso l’affettatura indubbiamente più veloce e con tagli sempre più precisi, ma i collezionisti e appassionati dei pezzi d’epoca scelgono ancora i modelli manuali che hanno fatto la storia e con i quali non si corre il rischio di restare senza il grande piacere di assaporare il prosciutto, neanche qualora – somma scalogna! – venisse a mancare la corrente elettrica.