Qui a fianco è riprodotta la figura di Sant’Antonio Abate, con ai piedi un maialino nero con cinta chiara, opera di Benedetto Bembo (1423 ca.-1489), proveniente dalla cappella del Castello di Torrechiara, ma oggi conservato al Castello Sforzesco di Milano.
Perché un maialino ai piedi del santo? Il bel dipinto ci dà l’occasione per raccontare la storia, che da diavolo tentatore l’ha visto divenire animale protetto e simbolico. Una bella scalata sociale!
Il santo, vissuto tra III e IV secolo d. C., è una delle figure più rappresentative del monachesimo cristiano in Egitto. Poco attratto dalla vita mondana e dalle ricchezze, si spogliò dei suoi beni, donandoli ai poveri e si ritirò in meditazione nel deserto. Qui, in solitudine, intraprese la via della perfezione e lottò contro varie tentazioni e le vinse.
Secondo la tradizione, il demonio lo avrebbe tentato più volte, apparendogli sotto forma di un porco, animale che per la Chiesa incarna molti degli aspetti più bassi dell’anima umana, come l’ingordigia, la lussuria e la sporcizia. Per questo motivo, nell’iconografia cattolica Sant’Antonio Abate è raffigurato con un maialino ormai ammansito ai piedi, a simboleggiare la vittoria dell’eremita contro le tentazioni. Nei secoli, però, l’importanza del maiale nella cultura contadina ha progressivamente cambiato il significato di quest’immagine e il santo si è trasformato, da vincitore sul verro-diavolo, a protettore del maiale-amico e, per estensione, di tutti gli animali domestici.
A tal punto il maialino di Sant’Antonio era considerato una presenza benefica che, a partire dall’XI secolo, i monaci della congregazione religiosa degli “Antoniani” iniziarono a curare i malati del cosiddetto “fuoco di Sant’Antonio” (Herpes Zoster) con unguenti preparati con il grasso dei maiali che allevavano nei loro monasteri. Maiali che, dotati di un collare con campanellino, potevano anche uscire dai conventi e scorrazzare liberamente nei centri abitati – benché la cosa fosse normalmente proibita – perché erano ritenuti amici della comunità (si nutrivano degli scarti alimentari buttati per strada), e non un disturbo.
La ricorrenza di Sant’Antonio Abate (17 gennaio) era, sino a pochi decenni fa, molto sentita nelle campagne. Il giorno prima i contadini pulivano bene la stalla e davano una doppia razione di cibo agli animali domestici, perché, secondo la tradizione, il santo sarebbe venuto, durante la notte, a far visita agli animali e, se questi gli avessero riferito di non essere trattati bene, lui non avrebbe fatto nulla, durante l’anno, per preservare i loro padroni dalle avversità.