Le interviste impossibili – A cura di Giovanni Ballarini – Il prosciutto di Parma e il gioco d’azzardo del pretoriano Crastino

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Un’antica leggenda narra che nei musei, sotto il patronato di Apollo, la notte del solstizio d’estate le Muse richiamano in vita le immagini e danno voce agli oggetti che si fanno intervistare. È in una di queste occasioni che una misteriosa se non ambigua immagine di una lapide del I secolo ci svela come il proibito gioco d’azzardo a Roma si associa al Prosciutto di Parma.

IL PROSCIUTTO DI PARMA E IL GIOCO D’AZZARDO DEL PRETORIANO ROMANO CRASTINO

Nel I secolo d. C., vicino al Castra Praetoria vi è una taverna che è nota per una lastra di marmo sulla quale su tre file sono riportate sei parole ognuna di sei lettere: ABEMUS, INCENA, PULLUM, PISCEM, PERNAM, PAONEM. Alcuni simboli separano in due le tre righe (un cuore, una ruota, e un ramo) e in calce e in caratteri più piccoli vi sono le parole BENA TORES.

Questa taverna verrà alla luce nella primavera del 1876 durante gli scavi di costruzione dell’odierna via Volturno, vicino al Castro Pretorio, diretti dall’archeologo Rodolfo Lanciani (1845-1929) e assieme a molte centinaia di anfore vi è la tavola di marmo datata al I secolo d. C. e oggi conservata nei Musei Capitolini. La taverna, come indica la parola Bena Tores (Venatores) più che frequentata è quasi controllata dai Pretoriani dei vicini Castra Pretoria e in particolare dai Venatores Immunes che si occupano degli animali utilizzati negli spettacoli dell’Anphiteatrum Castrense. La lapide che caratterizza la taverna indubbiamente riporta un menù costituito da cibi di qualità, ma le parole e la loro disposizione hanno anche un altro significato. Le parole sono ognuna di sei lettere anche contro una corretta ortografia (abemus manca dell’H, incena dovrebbe essere in coena) e soprattutto hanno la disposizione di una tavola per un gioco con i dadi: si tratta quindi di una tabula lusoria per giochi d’azzardo che, pur vietati, sono largamente praticati dai Venatores nella taverna. Più che ai giochi d’azzardo largamente diffusi in tutta Roma, sono incuriosito dal menù di questa taverna del gioco d’azzardo e in particolare dalla presenza della pernam (prosciutto) accostato a pesce, pollo e pavone. È sera, raggiunta ed entrato nella taverna che non mi è difficile trovare, attendo che dal vicino Castra arrivino i Venatores Immunes che diventano particolarmente loquaci dopo che a loro offro boccali di buon vino Falerno. In particolare con un pretoriano di nome Crastino inizio una lunga conversazione.

Mentre il taverniere ci porta due boccali di vino chiedo a Crastino: vedo che i suoi commilitoni stanno giocando ai dadi sulla tavola lusoria nella quale ogni lettera delle sei parole corrisponde a una casella, ma questo gioco non è proibito?

Tante cose sono proibite, ma si continuano a fare e non è possibile eliminare il gioco dei dadi che a tutti dà speranza di una vincita! Inoltre se qui arrivasse un controllo – ma questo è quasi impossibili perché tutti sanno che siamo noi pretoriani che frequentiamo la taverna – i dadi rapidamente scomparirebbero e la tavola lusoria diventerebbe una innocente lista di cibi.

Geniale la scelta di cibi per nascondere un gioco d’azzardo proibito, ma chi fu e perché furono scelti i cibi che vedo incisi sul marmo?

Fui proprio io, Crastino, che convinsi il taverniere ben contento di avere una clientela di pretoriani che come tutti sanno hanno un soldo più elevato dei semplici milites e sono disposti a spendere e a giocare. La scelta dei nomi fu condizionata dal numero di lettere, obbligatoriamente sei, ma anche dalla qualità dei cibi che doveva essere elevata e all’altezza di un locale di qualità quale si conviene a noi pretoriani e quindi pesce, pavone, pollo e prosciutto.

Sono d’accordo su tutto, salvo che sul prosciutto o perna. Infatti cosce di maiale salate sono un cibo molto comune e non all’altezza del pesce o del pavone, almeno così credo.

Qui bisogna fare una distinzione tra prosciutto e prosciutto. Sono un uomo d’armi e non di lettere e mi dicono che anche il buongustaio Marco Valerio Marziale (38 o 41 a.C.-104 d.C.) ha fatto chiare distinzioni preferendo tra gli altri quello di Cerreti che arriva a Roma per la via Flaminia o quello dei Menapi delle lontane terre della Gallia settentrionale (Marziale, Liber XIII – Perna – Cerretana mihi fiat vel missa licebit / De Menapis: lauti de petasone vorent – Prosciutto – Voglio solo il prosciutto cerretano o quello che arriva dalla terra dei Menapi: il petasone lo mangiano i ricchi). In questa taverna, e anche per merito mio, si trova il miglior prosciutto della Gallia Cisalpina e in particolare di quello che proviene dalle terre della città di Parma che ho conosciuto nel corso della mia carriera militare.

A questo punto chiedo al taverniere di portare altri due boccali di vino, pane e Prosciutto di Parma. Ancora oggi a Roma vi è Via Panisperna che secondo una, non unica etimologia, significherebbe pane e prosciutto. Chiedo a Crastino: oltre al prosciutto di Cerreti e dei Menapi, un altro Prosciutto di diversa origine e qualità, è possibile avere una migliore precisione su quello di Parma?

La qualità del prosciutto, come di ogni altro cibo, dipende da dove nasce e come è nutrito il maiale e come la coscia è lavorata e maturata. Fin dal tempo degli Etruschi la razza dei maiali di grande taglia che si nutrono delle ghiande delle querce che crescono nella pianura del grande fiume Padus è particolarmente adatta per dare prosciutti di grande mole, stagionati con il sale delle locali risorgive del territorio parmigiano. Da questo territorio questi grossi prosciutti, unitamente a formaggi di grande dimensione (si dice capaci di sfamare mille schiavi) e a lane di grande pregio, arrivano al porto di Luni e da qui, imbarcati su celeri navi, arrivano al porto di Ostia e qui a Roma. Da tempo i formaggi che arrivano da Luni sono marchiati e ora anche i prosciutti iniziano a essere accompagnati da piccole lamine di piombo con indicazioni sul peso, sul prezzo e sul nome del commerciante come ho visto a Iulia Concordia dove andai con la mia legione.

Si è fatto tardi, molte lucerne sono spente e altre stanno finendo l’olio, diversi pretoriani hanno abbandonato la taverna e non mi resta che ringraziare Crastino sulle sue informazioni circa l’arrivo a Roma del Prosciutto di Parma.