Le interviste impossibili – A cura di Giovanni Ballarini – Filodemo Epicureo e la meridiana a forma di prosciutto

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Un’antica leggenda narra che nei musei, sotto il patronato di Apollo, la notte del solstizio d’estate le Muse richiamano in vita le immagini e danno voce agli oggetti che si fanno intervistare. In una di queste occasioni una meridiana di epoca romana in bronzo a forma di prosciutto, conservata presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e riprodotta al Museo del Prosciutto a Langhirano ci dà l’occasione per approfondire una storia davvero unica, tra filosofia e gastronomia.

FILODEMO EPICUREO E LA MERIDIANA A FORMA DI PROSCIUTTO

Anno 783 Ab Urbe condita (30 d.C.): Herculaneum (odierna Ercolano) sta vivendo un periodo di grande splendore grazie anche a Marco Nonio Balbo che ha promosso la costruzione di nuovi edifici, una Basilica, un acquedotto, due complessi termali, facendo della cittadina un luogo dove i Romani lungo la costa costruiscono ville e sfarzose dimore, come quella a strapiombo sul mare di Lucio Calpurnio Pisone Cesonino (105-101 a.C.-43 a.C.), suocero di Gaio Giulio Cesare, (101 a.C.-44 a.C.). Lunga oltre duecentocinquanta metri, questa villa si espande su tre livelli, comprendendo una ricca zona residenziale e ludica, un deposito di papiri oltre a servizi. L’ingresso che affaccia sul mare è preceduto da un portico con colonne, mentre l’atrio è contornato da statuette utilizzate come fontane, il tutto decorato da affreschi di grande bellezza. Nel peristilio affrescato vi è un giardino contornato da colonne e statue in marmo e bronzo, alcune delle quali di tipo erotico come quelle di un Satiro ebbro e di Pan che si accoppia con una capra. Un importante spazio è dedicato alla biblioteca che conserva circa duemila rotoli avvolti in scorze di legno e custoditi in alcune casse. In questa villa i Pisoni proteggono e ospitano il filosofo epicureo Filodemo di Gadara (110 a.C.-35 a.C.) le cui opere sono conservate all’interno della villa in molti papiri. Filodemo è a tutti noto come amante del buon vivere, tanto che Marco Tullio Cicerone (106 a.C.-43 a.C.), nella sua orazione In Pisonem, lo definisce come un greco lascivo e compagno di bagordi e conosciuto anche per i suoi Epigrammi erotici. È a Filodemo che chiediamo un’intervista su una piccola meridiana portatile in bronzo con intarsi in argento di cui si parla in giro, soprattutto perché ha la curiosa forma di prosciutto di maiale, mentre l’ombra della coda del maiale indica l’ora.

Fin dall’antichità l’uomo utilizza strumenti per tenere traccia dello scorrere del tempo e qui si usano clessidre e meridiane che sfruttano l’ombra del sole, anche se più di frequente si utilizza la propria ombra proiettata a terra. Mi hanno detto che lei è a conoscenza di uno strumento dalla particolarissima forma di un prosciutto nel quale la coda del maiale segna le ore. Quale è l’origine di questo oggetto?[1]

Non mi è difficile rispondere, dicendo che nasce da un’idea scaturita alcuni anni fa, in una delle serate nelle quali, durante una cena impreziosita da un meraviglioso, enorme prosciutto arrosto, si accese una fervida discussione sul tempo e sull’idea di alcuni che esistesse una vita oltre la morte. Che cosa sia il tempo trovò pensieri diversi, la maggior parte era propensa a considerare il tempo come un’esperienza individuale, ma tutti furono concordi nel dire che lo si può misurare. I partecipanti alla discussione, tutti epicurei, erano anche d’accordo che con la morte anche il tempo individuale cessa, fino a quando, non ricordo bene chi, forse stimolato dal prosciutto, portò il discorso sugli animali. In particolare tra noi convitati ci chiedemmo se anche gli animali avessero il senso del tempo e, probabilmente sotto l’influsso dell’eccellente vino Falerno, uno di noi fece rilevare che l’ottimo prosciutto che stavamo mangiando era una conseguenza del tempo, che dopo la morte del maiale aveva trasformato una sua coscia in un cibo meraviglioso, tanto da poter meritare di diventare una specie di orologio della sua prelibatezza gastronomica.

Capisco un possibile collegamento tra il prosciutto di maiale e il tempo, ma non mi è chiara l’origine di una piccola meridiana portatile a forma di prosciutto con una coda di maiale come gnomone, più un gioiello che un orologio di difficile e impreciso uso.

Giustissimo quanto dice. Il gioiello lo feci preparare a Roma, lo donai a chi mi ospitava qui a Ercolano, fu molto gradito e diede origine a un’altra accesa e piacevolissima serata, anche questa volta con la presenza di carni di maiale. In particolare si parlò di Quinto Orazio Flacco (65 a.C.-27 a.C.) che aveva scritto ad Albio Tibullo (54 a.C.-19 a.C.) di essere Epicuri de grege porcus alludendo autoironicamente alle proprie abitudini gaudenti, ma soprattutto si discusse sui rapporti esistenti tra le parole latine perna (prosciutto) e pernula (perla) quest’ultima ben diversa dalla parola greca margaritas per indicare la perla. La parola pernula che indica la perla, prezioso gioiello che l’ostrica produce nel tempo, è infatti propriamente il diminutivo di perna (prosciutto) e da qui l’idea di creare un gioiello a forma di prosciutto che si forma nel tempo.

Maestro, nel ringraziarla, debbo rilevare che solo un filosofo epicureo poteva mettere in evidenza il rapporto tra il tempo e la bontà del prosciutto e al tempo stesso tra il suo nome (perna) e la preziosa pernula (perla) facendo di un prosciutto un gioiello. Quanto mi ha detto non trova però riscontro nei suoi scritti e non ha riscontri con ulteriori testimonianze, e questo frequentemente accade anche per altri filosofi. Debbo inoltre aggiungere che corre anche voce che il gioiello di cui parliamo per alcuni potrebbe forse avere una forma che richiami il nome del possessore.

[1] Per maggiori informazioni si rimanda a: Gianni Ferrari, L’orologio romano detto “prosciutto di Portici” – XV Seminario Nazionale di Gnomonica, Monclassico (TN) 30, 31.5, 1.6/2008. Qui si ricorda che l’oggetto, ritrovato l’11 giugno 1755 nella Villa dei Papiri in prossimità degli scavi di Ercolano all’epoca nel territorio di Portici, fu costruito tra l’8 a. C. e il 79 d. C. su calcoli per una latitudine di 41-42°, con errori di lettura compresi tra varie decine di minuti ad ore e dagli specialisti ritenuto un segno di distinzione e un gioiello più che un orologio.