Le interviste impossibili – A cura di Giovanni Ballarini – produttori e commercianti romani etichettano i loro grossi prosciutti

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Un’antica leggenda narra che nei musei, sotto il patronato di Apollo, la notte del solstizio d’estate le Muse richiamano in vita le immagini e danno voce agli oggetti che si fanno intervistare. È in una di queste occasioni che abbiamo l’occasione di avere la prima documentazione di etichette che identificano alimenti di pregio.

PRODUTTORI E COMMERCIANTI ROMANI ETICHETTANO I LORO GROSSI PROSCIUTTI

Lungo la Via Postumia che partendo da Genua arriva ad Aquileia collegando il mare Tirrenum all’Hadriaticum vi è Iulia Concordia, città romana posta fra le Alpi e le lagune adriatiche su una collina che si innalza dalla pianura orientale un tempo abitata dai Veneti. Qui ha ripetutamente svernato Gaio Giulio Cesare (100 a.C.-44 a.C.) con le sue legioni e qui è stato anche Giulio Cesare Augusto (63 a.C.-14 d.C.) con la moglie Livia (58 a.C.-29 d.C.) che conosce e apprezza il pucinum, per lei il miglior vino in assoluto, a cui attribuisce il dono della longevità. Questo vino arriva a Iulia Concordia dal Castellum Pucinum ed è considerato un vino medicinale da Gaio Plinio Secondo (Plinio il Vecchio, ??-79 d. C.) nella Naturalis Historia. All’incrocio tra la via Postumia e la via Annia, Iulia Concordia tramite il flumen Reatinum (Lemene) ha uno scalo sul mare e una fitta rete di insediamenti rustici, taluni anche di notevole ricchezza, che assicurano la produzione di grano e di vino e in questa città dalle terre e montagne alpine confluisce abbondanza di carni, soprattutto di maiale. Nel II° secolo d. C. la vocazione commerciale di Iulia Concordia è provata anche dall’uso di laminette di piombo su cui sono menzionati peso o quantità, prezzo e nome del commerciante della merce destinata al mercato. La ricchezza della città è comprovata dalle necropoli lungo le vie di accesso alla città, dove la mia attenzione è attirata dall’ara funeraria che Galla dedica ai membri della propria famiglia di macellai più propriamente di porcinari e nella quale sono rappresentati gli strumenti del mestiere: un grande prosciutto, una bilancia, due coltelli, uno squartatoio e un acciaiuolo. Particolarmente colpito dalla particolare attività di tipo promozionale che Galla manifesta per un’attività come quella della macelleria e lavorazione delle carni suine, il giorno successivo, appena fuori le mura e ad oriente dell’abitato, non è difficile trovare il luogo nel quale la famiglia di Galla esercita la macellazione degli animali, la vendita delle loro carni e usa le laminette di piombo per identificare la merce venduta. Galla è una signora di media età e si vede subito che è lei a dirigere l’azienda familiare nella quale lavora una decina di schiavi guidati da un liberto. È lei che ha in mano l’acquisto degli animali da macellare e le vendite delle carni e proprio quando arrivo sta vendendo una decina di grossi prosciutti ai quali è applicata una targhetta con il peso e il nome della macelleria.

Sono rimasto particolarmente colpito dall’ara funeraria che ha costruito per i membri della sua famiglia, mettendo in evidenza un grande prosciutto, gli strumenti per lavorarlo e soprattutto per pesarlo (bilancia e pesi): le chiedo la storia di quanto lei ora dirige.

Una storia lunga che inizia con la visita a Iulia Concordia dell’Imperatore Augusto e di sua moglie Livia, quando inizia un’era di pace con lo sviluppo dei commerci e tra questi delle carni conservate. È solo successivamente che vi è una preferenza di prosciutti di maiale di grande mole, come quelli che si possono ottenere dai cinghiali e dai maiali di grande taglia dell’entroterra e delle nostre montagne. Merito soprattutto di aver sviluppato questa caratteristica è dei miei nonni e genitori ai quali, come lei ha visto, ho dedicato l’ara funeraria che – come altri hanno fatto e tra questi a Roma il fornaio Marco Virgilio Eurisace per il pane – serve ad affermare il nostro nome e il nostro prodotto salumiero caratteristico in un prosciutto di grande mole con la garanzia di lavorazione (gli strumenti di taglio e loro affilatura) e il peso certo fino alla dracma (bilancia con i dieci pesi).

Molto bella è l’idea di accompagnare i vostri prodotti con una targhetta di piombo con il vostro nome, peso e prezzo. A chi è venuta questa idea?

Da quando si sono sviluppati i commerci è necessario dare certezze e per questo sulle anfore dei vini e del garum di migliore qualità vi sono indicazioni del contenuto. I formaggi imbarcati nel porto di Luni hanno il marchio della luna e qui a Iulia Concordia le targhette di piombo sono state inizialmente fissate alle balle di lana. Sono stata io che ho iniziato ad applicare una targhetta ad ogni prosciutto di qualità e di grande mole, avendo un grande successo, e questo dovrebbe avvenire anche per ogni altro salume.

Sono completamente d’accordo e speriamo che questo accada! Non posso però comunicare a Galla che fino alla fine del ventesimo secolo i salumi italiani sono dotati di una piccola targhetta di piombo, o piombino, sul quale sono incise singolarmente o associate, le lettere S, B, E che indicano la specie animale usata nella confezione del salume.