Porco mondo: i mille modi di essere maiale

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Di Giancarlo Gonizzi

Quando il maiale dorme, sogna ghiande”. Come a dire – secondo l’esperienza popolare che ha coniato l’espressione – che ciascuno proietta la propria intima realtà nei progetti, nelle aspirazioni, nei sogni.
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E di “proiezione” dobbiamo giustamente parlare, perché – Orwell insegna – dietro il muso del maiale si nasconde l’uomo, con i suoi sentimenti, le sue passioni, le sue emozioni.
D’altronde la “proiezione” ha avuto inizio da tempo immemorabile, e di animali “camuffati” da umani ne troviamo già nel mito classico, che pare essersi sviluppato in un vero e proprio serraglio: Giove si trasformò in Toro per sedurre Io e rapire Europa, in cigno per possedere Leda, in aquila per afferrare Ganimede. Atteone diviene cervo – poi sbranato dai suoi stessi cani – per aver spiato il bagno di Diana; Adone viene ucciso da un cinghiale…
Animali virtuosi e viziosi hanno popolato la favolistica da Esopo a Fedro a La Fontaine, la letteratura come la storia dell’arte tra pittura e scultura – un’infinità di animali si è intrufolata nelle rappresentazioni pittoriche e artistiche da Paul Gauguin a Pieter Brüegel, dal Murillo alle visioni oniriche di Jeronymus Bosch – dall’epoca classica fino ad oggi. Un bestiario, tutto sommato, ben più vasto di quanto si possa a prima vista pensare, che pare quasi lo specchio delle brame, in cui riconoscere vizi e virtù della natura umana, mitigandone, grazie alla metafora, il peso e la responsabilità. Così il coniglio diviene simbolica rappresentazione di fertilità e di vigilanza, la chioccia coi pulcini ricorda la Chiesa che accudisce i suoi fedeli, il rospo rimanda alla deforme turpitudine del peccato e presta le sue sembianze alla raffigurazione del Demonio, l’acciuga è il simbolo della Vergine, il cane della fedeltà, la scimmia di ogni vizio, il gatto di contrasti e inimicizie.
E il maiale?
Vive nell’ambiguità. Quella stessa che lo vede vivere nel brago e morire immolato sulla tavola dei re. Una ambiguità nata in quell’epoca remota in cui l’uomo riuscì ad addomesticare l’animale selvatico che fino a quel momento aveva cacciato. Il maiale ed il cinghiale, infatti, dal punto di vista genetico, sono consanguinei.
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E questa apparente contraddizione, che permane ancor oggi nelle valutazioni degli uomini, porterà alla nascita e alla contrapposizione di due differenti termini linguistici: sus (suino) inizialmente impiegato per indicare l’animale selvatico e pork (porco) l’animale domestico, macellato e mangiato, ma non cacciato.
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Ambiguità che permane anche nel termine “maialis” animale sacro a Maia, in una parola “animale vivente”, e nella sua riconosciuta capacità di fare da tramite con le forze sotterranee, estraendo tuberi e tartufi dalle viscere della terra, proprio là dove il fulmine, messaggero del cielo, aveva colpito.
Ancora ambiguità ritroviamo nella versione “simbolica” del maiale: posto ai piedi di Sant’Antonio Abate, quale rappresentazione del Demonio tentatore, del male combattuto e vinto, divenuto ben presto, per affetto popolare “il protetto” del santo.
Ambiguità che fa del maiale l’alter ego dell’uomo – e non solo nella “Fattoria degli animali” del già citato Orwell – in una serie di stampe francesi di fine Settecento che rappresentano il mondo alla rovescia, con gli umani immolati per la tavola di porcelli eleganti e sussiegosi.
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Vittime – o artefici – di questa ambiguità, che è poi una proiezione, affidiamo al maiale il compito di rappresentarci in un’infinità di rappresentazioni.
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E più il maiale – quello vero e fisico, che ancora nel Cinquecento grufolava tra le vie delle città – viene allontanato dall’uomo, per essere allevato in apposite strutture in cui l’igiene, la temperatura e l’alimentazione sono rigorosamente controllate, tanto più la sua immagine, frutto di millenaria familiarità, ritorna nelle nostre case sotto forma di oggetti e di decorazioni, di favola o di scherzo.
Sono diverse migliaia gli oggetti “suiniformi” presenti sul mercato, con funzioni, forme, dimensioni e materiali differenti: metalli vili e preziosi, ceramica, porcellana, plastica, stoffa, carta, pietre dure, legno, paglia, peluche, gonfiabili; si tratta di articoli di cancelleria, cartoline e biglietti d’auguri, libri, capi d’abbigliamento, dipinti e sculture, pezzi d’antiquariato, gioielli, suppellettili e oggetti d’uso, alimenti, tutti raffiguranti il maiale, che ci danno una seppur vaga idea del panorama suino oggi esistente sul mercato. Non stupisce, allora, che vi sia chi, innamoratosi perdutamente del porcello, abbia scelto di trasformare la propria passione in una straordinaria e fantasmagorica collezione.

Come a dire che l’ambiguità – ovvero i mille modi di essere sempre maiale – nasce nel cuore dell’uomo. A noi, ora, spetta il compito di non sognare ghiande!

Le immagini presentate nelle gallerie, riproducono alcuni degli oggetti della collezione che il dottor Renzo Battaglia conserva nel suo studio dentistico, luogo della sorpresa e della meraviglia, dove il mal di denti può sciogliersi in un sorriso all’insegna del maiale.
Medico cosmopolita, amante del porcello in tutte le sue manifestazioni, Renzo Battaglia si dedica alla ricerca e acquisizione di materiale di forma suina dal 1975. Attualmente la sua collezione conta oltre 5.000 pezzi, continuamente implementati, che comprendono oggettistica varia nei più diversi materiali, epoche e provenienze ed è considerata la più ricca in Italia e fra le più cospicue del mondo su questo argomento.

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